I - Dopo la morte di Dio Padre


"L'immagine biblica e popolare di un Dio simile ad un grande patriarca celeste che ricompensa o punisce secondo la propria misteriosa e apparentemente arbitraria volontà ha dominato l'immaginario collettivo per migliaia di anni. Il simbolo del Dio Padre, moltiplicatosi nell'immaginazione e ritenuto credibile dal patriarcato, ha, di conseguenza, reso un servigio a questo tipo di società, facendo apparire giusti ed adeguati i suoi meccanismi per l'oppressione delle donne. Se Dio nel "suo" Cielo è un padre che governa la "sua" gente allora nella "natura" delle cose è conforme al piano divino e all'ordine dell'universo che la società sia dominata dal maschio.
In questo ambito si verifica una mistificazione dei ruoli: il marito che domina la moglie rappresenta lo "stesso" Dio.
Le immagini e i valori di una data società sono stati proiettati nel reame dei dogmi e degli "articoli di fede" e questi a loro volta giustificano le strutture sociali che li hanno generati e li rendono credibili."

"La figura del Padre divino che sta nei cieli non ha sempre incoraggiato comportamenti umanitari; il comportamento spesso crudele dei cristiani verso i non credenti e i dissidenti fornisce molte indicazioni non solo circa i valori di una società dominata da questa immagine ma anche circa il funzionamento dell'immagine stessa rispetto ai comportamenti."

"Ho già suggerito che se Dio è maschio, allora il maschio è Dio.
Il divino patriarca castra le donne finquando riesce a continuare a vivere nell'immaginazione umana. Il processo di recisione del Supremo Fallo difficilmente può essere una questione meramente razionale. Il problema è quello della trasformazione dell'immaginario collettivo affinché questo travisamento dell'ispirazione umana alla trascendenza perda la sua credibilità.
Alcune leaders religiose, soprattutto Mary Baker Eddy e Ann Lee, fino ad un certo punto riuscirono a vedere il problema e sottolinearono l'aspetto "materno" di quello che chiamavano "Dio". Alcune femministe si sono riferite a "Dio" con "Lei".
Il tutto sicuramente costituisce un argomento, ma l'analisi deve farsi più profonda, deve avvenire all'interno della donna, nel nostro essere e nell'immagine che abbiamo di noi stesse, altrimenti si corre il pericolo di accontentarsi di semplici riforme, riflessa nel fenomeno del "crossing" cioè nel tentativo di usare le armi dell'oppressore contro di lui. L'immagine del Dio Nero della Teologia Nera lo illustra. Si potrebbe legittimamente dimostrare che un'operazione transessuale su "Dio" cambiando il "lui" con il "lei", sarebbe un'alterazione di gran lunga più profonda di un mero cambiamento cromatico" (nota di Lunaria: qui Mary Daly si riferisce alle immagine dei "Black Jesus", dove Gesù appare con tratti africani; questo perché non solo la Teologia ufficiale "dipinge" Dio/Gesù con tratti virili, ma persino "bianco-centrici";  anche le immagini di Maria - sempre bellissima, perfettissima, giovanissima - sono una sorta di messaggio discriminatorio nei confronti di tutte le donne comuni; il significato è questo: "la madre di Dio" è bellissima; non così voi altre donne - tutte - destinate a invecchiare e a imputridire... ammirate, nel dipinto di una Maria bellissima, la vostra inferiorità a lei").
"Le varie teologie che ipostatizzano la trascendenza, cioè quelle che, in un modo o nell'altro, oggettivano "Dio" in quanto essere, tentano con ciò, in modo autocontraddittorio, di immaginare la realtà trascendente come finita. "Dio" quindi adempie alla funzione di legittimare lo status quo sociale, economico e politico, al quale sono subordinate la donna e altri gruppi vittimizzati.
"Dio" può essere usato in modo oppressivo contro le donne in vari modi. Primo: ciò accade in maniera evidente quando i teologi dichiarano la subordinazione delle donne alla volontà di Dio. Questo, ovviamente, è accaduto per secoli e ci sono dei residui, a diversi livelli di sottigliezza e chiarezza, negli scritti dei pensatori del ventesimo secolo, quali Barth, Bonhoeffer, Niebihr e de Chardin (Nota di Lunaria: a questi aggiungo anche Jean Guitton, che dedica un'intera pagina del suo orribile "La Vergine Maria" a dimostrare come la donna manchi di intelletto e "che nessuna scoperta scientifica si può ascrivere a una donna")
Secondo: anche se non c'è questa giustificazione esplicitamente oppressiva, il fenomeno è presente quando si usa un simbolismo unisessuale per Dio e per la relazione umana a Dio. Il seguente passo illustra questo punto:
"Credere in Dio Padre è divenire consapevoli di sé non come un estraneo, un profano o una persona alienata, ma come un figlio che appartiene, o una persona designata, a un destino meraviglioso, che condivide con l'intera comunità. Credere in Dio Padre significa riuscire a dire "noi" in relazione a tutti gli uomini"
Una donna dalla coscienza critica può dire che un simile linguaggio la rende consapevole come estranea, profana e persona alienata, non in quanto figlia che appartiene, o che è destinata, ad un destino meraviglioso. Lei non può appartenergli, a meno che non acconsenta alla sua lobotomia.
Terzo: anche quando gli assunti fondamentali del linguaggio di Dio sembrano asessuati e quando il linguaggio è alquanto purificato dall'ossessione della mascolinità, è nocivo, ed implicitamente coerente con il sessismo, se incoraggia l'allontanamento dalla realtà della lotta umana contro l'oppressione nelle sue manifestazioni concrete. Cioè: la mancanza della relazione esplicita tra l'intellezione e il fatto dell'oppressione nelle sue forme specifiche, quale la gerarchia sessuale, è essa stessa oppressiva. è questo il caso dei teologi che scrivono lunghi trattati sulla speranza creativa, sulla teologia politica o sulla rivoluzione senza una conoscenza specifica del, o senza un'applicazione del problema del sessismo, o di altre forme di ingiustizia. [...] Forse un'ovvia ragione di ciò sta nel fatto che quei teologi non hanno condiviso l'esperienza dell'oppressione e, quindi, scrivono dalla distanza privilegiata di chi, tutto al più, ha una "conoscenza approssimativa" dell'argomento."

"Ho già detto che sarebbe irrealistico mettere da parte il fatto che gli strumenti simbolici e linguistici della comunicazione - che comprendono essenzialmente tutta la tradizione teologica nelle religioni del mondo - sono stati formulati dai maschi nelle condizioni del patriarcato. è quindi intrinseco a queste strutture simboliche e linguistiche che esse servano agli scopi degli ordinamenti sociali patriarcali."   

"Gli studiosi pur essendo consapevoli che i testi di teologi e "autorità religiose" (da Agostino a Tommaso d'Aquino, a Lutero, a Knox, a Barth) disumanizzano la donna nella maniera più grossolana hanno contemporaneamente potuto trattare con la massima reverenza e il massimo rispetto le indimostrate opinioni dei suddetti autori su argomenti di gran lunga più imponderabili. Vale a dire, la flagrante misoginia di costoro non ha fornito l'occasione di metterne in dubbio la credibilità." (Nota di Lunaria: si ricordi che Tommaso d'Aquino è PERSINO DIFESO DA DONNE  e che per l'Aquino esiste ANCORA UNA FORMA DI IDOLATRIA CATTOLICA PER TUTTI I SUOI CONCETTI, ANCHE QUELLI PIù ABOMINEVOLI!!!)

"Un altro idolo è il Dio dell'Aldilà. In passato il volto più comune assunto da questa divinità era quella del Giudice la cui principale occupazione consiste nel ricompensare e punire dopo la morte. Come ha osservato Simone de Beauvoir, le maggiori consumatrici di questo prodotto della religione sono state le donne. Poiché il sesso femminile ha sempre avuto così poche possibilità di realizzarsi in "questa vita", è naturale che abbia focalizzato l'attenzione sull'altra. Essendo consumatrici di massa di questa immagine le donne hanno il potere di farla sparire dal mercato, soprattutto vivendo un'esistenza piena qui ed ora."

"Un terzo idolo è il Dio Giudice del "peccato" che conferma la correttezza delle norme e dei ruoli del sistema dominante provvedendo a mantenere in vita una falsa coscienza e sensi di colpa autodistruttivi. Le donne hanno patito sofferenze sia fisiche che mentali per opera di questa divinità, in nome della quale è stato detto loro che il controllo delle nascite e l'aborto sono inequivocabilmente illeciti, che devono restare soggette ai loro mariti, che devono presenziare a rituali e funzioni nei quali gli uomini ricoprono tutti i ruoli di comando mentre esse vengono umiliate non solo per mezzo della passività loro imposta ma anche verbalmente e simbolicamente (...) La crescita della donna nel rispetto di se stessa darà il colpo di grazia a questo e agli altri demoni travestiti da dei."

"Perché Dio deve essere proprio un sostantivo? Perché non un verbo, il più attivo e dinamico dei verbi? Dare per nome a "Dio" un sostantivo che non è stato un assassinio di quel dinamico Verbo? E non è il Verbo infinitamente più personale di un semplice, statico, sostantivo? Può darsi che i simboli antropomorfici per Dio si prefiggano di renderlo personale, ma non riescono a comunicare che Dio è Divenire. Le donne che ora vivono lo shock del non essere e l'impeto di autoaffermazione contro di esso sono propense ad intendere la trascendenza come il Verbo nel quale partecipiamo, viviamo, ci muoviamo e abbiamo il nostro essere."